Crisi e riforma dell’Impero
Di Carlo Pelanda (14-10-2008)
Fino ad un
mese fa l’Impero occidentale era in tendenza di dissoluzione per l’indebolimento
del pilastro americano. Da tempo gli scenaristi tentano di indovinare cosa
succederà dopo il suo crollo. Questa rubrica, invece, ritiene che l’Impero non
crollerà proprio grazie alla crisi in atto. L’America è ancora il centro
economico del mondo - lo si è visto in negativo - e tutti gli altri dipendono
dai suoi destini. Se l’America non tornerà ad essere locomotiva globale
Al momento la tendenza è quella di fare un tavolone di tutti che si mettono d’accordo con tutti, rigenerando una Bretton Woods che dia ordine al pianeta via multilateralismo globale e convergente. Ma, passato il picco di crisi, le potenze interessate a ridurre l’influenza occidentale riprenderanno certamente la pressione divergente. L’America sarà comunque troppo piccola e scassata per fare da locomotiva come nel passato. Pertanto mancheranno due condizioni ad una Bretton Woods troppo generica: il nucleo di comando e la vera convergenza degli interessi nazionali. Per evitare la ricaduta nel disordine, pur mantenendo la cosmesi multilateralista nei linguaggi, dovrà emergere un accordo selettivo tra americani ed europei con tre scopi: (1) un’alleanza tra democrazie estendibile a nazioni occidentalizzabili grande abbastanza per comandare su tutte le altre; (2) che crei anche, gradualmente, un’area di mercato integrato per aiutare la locomotiva americana nel traino dell’economia globale; (3) avviando la convergenza prospettica tra dollaro statunitense, euro, sterlina, yen, dollaro canadese ed australiano, generando un’autorità e fondi monetari internazionali conseguenti. In sintesi, si tratta di cogliere l’occasione della crisi contingente per riformare l’Impero occidentale dandogli un’architettura più solida (www.lagrandealleanza.it) e di vero centro del mondo. Più che Obama o McCain, in questa strategia sarà cruciale la capacità dell’Europa di convincere l’America. Croce e luce.
Carlo Pelanda